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I nostri tranci di tonno, tagliati a mano e congelati subito dopo la pesca, conservano tutta la freschezza e la morbidezza del pesce appena pescato. La pesca del tonno è una pratica attiva dalla preistoria, come alcuni graffiti testimoniano nella Grotta del Genovese a Levanzo. Autori latici e Greci, tra cui Omero, Aristotele, Marziale, descrissero il tonno come un alimento dalle meravigliose qualità nutrizionali e terapeutiche.
Per via del caldo clima del Mediterraneo, il tonno non veniva consumato fresco, ma dopo essere stato sottoposto a affumicamento o salagione. Nel V secolo a.C., la pesca del tonno viene descritta da Aristofane, e dal siciliano Teocrito: una vedetta era responsabile di segnalare l’arrivo dei tonni da Ovest. Proprio i Fenici vengono considerati i primi a aver sorpassato le colonne d’Ercole alla ricerca di branchi di tonni – successivamente lavorati a Cadice, dove sono state ritrovate infatti monete raffiguranti figure di pesce.
Il tonno è ed è stato una delle ricchezze economiche maggiori per le popolazioni del “mare nostrum” (Mediterraneo). Le regioni meridionali d’Italia e le isole, compresa la Sicilia, sono abitate da abiti pescatori e costruttori di barche e reti. Dall’isola siciliana nello specifico deriva la materia prima usata per preparare il “garum”, una salsa di tonno ampiamente apprezzata e diffusa nell’Antica Roma. Con il declino dell’impero romano, le popolazioni successive perfezionarono l’intera filiera del tonno, dalla pesca alla lavorazione alla conservazione alla commercializzazione.
Generalmente fino a quando non si passò alla produzione moderna per opera del francese Nicolas Appert, il tonno veniva conservato al naturale, con acqua di mare.